IL FRONTE POSTERIORE
l canali surround danno informazioni spaziali, ma bisogna saperli usare per ottenere il meglio evitando fastidiose percezioni di marcata provenienza degli effetti. Meno critica è la loro scelta che possono appartenere a una classe leggermente inferiore rispetto a quella dei frontali, ma comunque della stessa marca e tecnologia, così da mantenere sempre un’uniformità tonale di massima, senza compiere azzardi che si pagano poi in fastidiose “dissonanze” quando si è immersi nell’ ascolto.
Un aspetto da valutare con attenzione prima di acquistare un sistema acustico è quello di scegliere il tipo di surround in funzione delle dimensioni e dei rapporti volumetrici della sala cinema.
Le configurazioni dei sistemi surround più diffusori sono il 5.1 (2 canali anteriori destro/sinistro; 1 centrale; 2 posteriori per il surround e 1 subwoofer) ed il 7.1 (2 canali anteriori destro/sinistro; 1 centrale; 2 surround laterali, 2 surround posteriori e 1 subwoofer). Tra i surround esistono quelli a dipolo (con un angolo di dispersione sonora molto ampio, circa 180°) e quelli classici. Di solito i primi sono da adottare per i canali laterali, mentre gli altri per quelli posteriori. Esistono anche modulazioni più complesse (il 9.1, con centrale posteriore) o di nuova generazione (come il Dolby ProLogic llz) che prevedono l’aggiunta di canali anteriori al fine di aumentare l’effetto di realismo durante la visione. In una sala dove le pareti che scorrono in profondità non conséntono di posizionare più sedute, e l’ascoltatore rimane su un unico fronte di ascolto/visione (il classico, vissutissimo divano di casa), un sistema 5.1 è più che sufficiente, per ottimizzare le dimensioni delle casse e l’energia dell’amplificazione, come illustrato nei capitoli precedenti. In situazioni dove la sala è invece ben sviluppata in profondità, si può pensare di utilizzare due diffusori surround laterali bipolari (due tweeter montati in contrapposizione) consentendo una fruizione dell’ effetto surround più omogeneo per tutta la lunghezza della stanza. In alternativa, è possibile optare per il 7.1, con due surround posteriori aggiuntivi, oltre ai due laterali.
IL SUBWOOFER
Può essere coinvolgente o invadente, non è solo una questione di muscoli ma soprattutto di testa, visto che l’effetto che crea può facilmente diventare fastidioso o invadente. Per la taratura dell’emissione del subwoofer, quando questi è coinvolto nel sistema surround, si deve operare di fino. Una massima metropolitana, in auge tra gli addetti ai lavori, ma formidabilmente vera, recita:
“il subwoofer ben regolato è quello di cui ti accorgi solo quando lo spegni”.
In questo assunto c’è veramente tutto. L’emissione deve essere di completamento e massimamente integrata con il resto delle acustiche. Agendo sulla frequenza d’intervento e sul livello, tramite progressivi tentativi, si potrà raggiungere la regolazione che si riterrà opportuna. L’impiego più consigliato è quello con acustiche di piccole/medie dimensioni, che vengono “sollevate” dall’onere di riprodurre gli impulsi sonori più ricchi di energie alle frequenze più basse, dove i piccoli woofer tendono a mostrare la corda, soprattutto nelle colonne sonore. È consigliabile adottare un buon subwoofer, naturalmente amplificato e possibilmente progettato e costruito da specialisti. Alla taratura, qualora non la si voglia far da soli per motivi in questo momento imperscrutabili, provvede con la massima efficacia e precisione il software per l’ottimizzazione acustica presente in tutti i sintoampli A/V delle ultime generazioni.
LA STEREOFONIA
La stereofonia, o l’uso del sistema multicanale limitato ai canali anteriori destro/ sinistro per l’ascolto della musica, non è mai morta, anzi sta tornando lentamente, ma diffusamente in voga anche presso chi è partito direttamente con l’audio/video multicanale.
Complice di questa tendenza anche l’lnfo-Hi-Fi, ovvero quell’applicazione tecnologica che vede l’uso dello streaming audio come discografia di base, il PC/Mac o l’iPod e similari come sorgenti/lettori, e infine gli ampli/decoder di ultima generazione che prelevano il flusso digitale direttamente dal lettore, lo convertono in analogico in alta definizione, quindi lo spediscono amplificato alle casse.
Per evitare equivoci, e nel tentativo di essere maggiormente chiari, diamo una rapida occhiata a queste modalità di impiego, volte a realizzare la migliore riproduzione musicale possibile.
SURROUND 2 CANALI
Non sono pochi gli appassionati che utilizzano il proprio sistema A/V multicanale in due distinte modalità: una in multicanale (5.1 e declinazioni) per i programmi audio/video, l’altra in 2 canali stereo, con tasto “pure direct” o “2 channel stereo” premuto. In questa condizione, a seconda del tipo di sintoampli A/V e del tipo di sorgente impiegati, vediamo qual è la strada qualitativamente migliore e più breve per arrivare alle casse acustiche. Se il lettore che si possiede ha un buon DAC a bordo (24/192) e una meccanica efficiente, è già sufficiente un semplice collegamento tra player ed ampli in totale regime analogico, uscendo dalle prese audio stereo RCA del lettore, rientrando in una siglata “CD” o “AUX” dello stesso tipo dell’amplificazione, naturalmente evitando al segnale in ingresso qualsiasi successivo trattamento in digitale (con i programmi DSP). Se invece si ha a disposizione un processare più evoluto sull’amplificazione, è più utile sfruttare le doti di quest’ultimo, collegandosi al convertitore D/A interno per via ottica (Toslink) o elettrica coassiale (RCA), quindi selezionare sull’ampli o receiver la funzione “2/channel stereo” o “pure direct”, a seconda del modello o marca dell’apparecchio.
STEREOFONIA PURA
Chi invece vuole (ben) distinguere i momenti personali tra cinema e musica, non di rado arriva a possedere due sistemi separati in ambienti altrettanto separati. Spesso è anche distinto lo “spirito” con cui si vivono queste esperienze, l’una, l’audio/video, più conviviale, con la famiglia e gli amici, mentre la musica è vissuta in modo intimistico e individuale. Progettare un buon sistema stereofonico non è poi tanto dissimile dalla progettazione multicanale. È più semplice per numero di elementi in gioco, ma sulla qualità di questi sono ammessi meno compromessi rispetto all’home-cinema. Innanzitutto, considerate la cubatura e la natura dell’ambiente di ascolto (ovvero la forma, le proporzioni e la capacità di assorbimento o di riflessione della stanza), quindi il numero e la tipologia delle sorgenti che si prevede di impiegare nel sistema (se c’è un giradischi, si deve optare per un amplificatore dotato di ingresso “phono” di serie oppure mettersi nell’ottica di acquistare un’unità di preamplificazione specifica).
Evitando stolte manifestazioni di integralismo tecnologico da parte di taluni, che pensano che il Video sia l’antagonista della qualità Audio, è quasi superfluo ricordare che nulla vieta di rendere maggiormente flessibile il sistema adottando un lettore A/V – in luogo di un lettore CD specializzato – con convertitore interno evoluto, dal quale estrarre il video quando serve, mentre per l’ascolto ci si gode la praticità (talvolta di insospettata efficacia) di un sistema A/V 2.0. Se il lettore ha poi un’uscita “sub”, la si può utilizzare all’ occasione, aggiungendo il .1 che mancava … Il percorso da seguire per scegliere i componenti per un sistema audio stereofonico, come detto, è piuttosto semplice, ma vuole un pizzico in più di attenzione ed esperienza nella selezione dei modelli. Il concetto base, dal quale è meglio non derogare, su cui costruire prestazioni musicali di alto livello, è quello della qualità del segnale. Da quando il segnale lascia il supporto sul quale è fissato, comincia il suo processo di degradazione. Lo sforzo dell’utilizzatore sarà pertanto quello di tutelarlo il più possibile fino alla sua riproduzione acustica. Si comincia scegliendo il miglior lettore che ci si può permettere. Nell’epoca della multimedialità, è scontato che ci si rivolga verso un lettore A/V multiformato. Va benissimo, soprattutto grazie alla notevole capacità di risoluzione, ma si deve cercare un modello in un ambito qualitativo che sia perlomeno prossimo all’alto di gamma, acquistando l’apparecchio interessato in un negozio specializzato, piuttosto che in un centro commerciale.
Per scegliere l’amplificazione, si deve essere già a conoscenza del tipo di speaker che si intende impiegare, e questi – a loro volta – saranno scelti per integrarsi acusticamente con la sala che gli accoglierà. Per la selezione e l’installazione di questi, vi rimando a quanto già esposto nel testo corrente, mentre per l’amplificazione stereofonica è utile fare un paio di considerazioni. Primo suggerimento: se non siete audiofili di lungo corso, andate su marche note e collaudate. Optate per una potenza che non sia inferiore ai 50 Watt RMS su 8 ohm da 20Hz – 20 kHz per canale (fate attenzione che i dati comunicati dal costruttore siano dichiarati in questa forma e con questi fattori qualificanti.) È fondamentale, poi, che l’amplificatore abbia un buon numero di ingressi e uscite, così da non avere problemi in un prossimo ad accogliere altri componenti.
Ci sono già in commercio amplificatori stereo con convertitore D/A audio e prese digitali multiformato, compresa la sempre più dominante USB. Può essere una buon soluzione, ma verificate – informandovi su internet – la qualità del prodotto.
A tal proposito, esistono in rete e in molti negozi di informatica, degli amplificatori operanti in Classe D, ovvero con stadio di potenza digitale. Il maggiore argomento di richiamo di questi oggetti è quasi sempre l’economicità a fronte della potenza. Sono inoltre molto compatti, facili da usare e non scaldano. Hanno però, oltre a dei limiti di funzionamento “endemici”, una capacità di pilotaggio molto variabile (incostante) se associati a vere casse acustiche hi-fi, sopratutto di grande litraggio e multivia. Non solo non hanno la riserva dinamica utile per sostenere l’emissione acustica nei passaggi più energetici, ma non sono grandemente affidabili in questo tipo di impiego. Più idoneo è il loro uso con media-player e minispeaker da scaffale o desktop. Insomma, un buon amplificatore stereo di sana e robusta “costituzione” non può costar meno di un buon amplificatore multicanale.
Semmai, accade troppo spesso il contrario … Basta fare un semplice ragionamento: un buon amplificatore stereofonico da 50 Watt di qualità media, non costa – al momento – meno di 500-600 euro. Se vogliamo andare su qualcosa di sensibilmente migliore, non ci basterà il doppio! Eppure per quella cifra – o poco più – vengono proposti sintoamplificatori A/V con 5 e più canali, con convertitori di una complessità spaventosa, SP e software per l’ottimizzazione acustica, microfonici, sezione tuner (sono tutti “receiver”), display ed una sfilza infinita di connessioni, spie e pulsantini, che un costo l’hanno pure loro. Il compromesso maggiore dove viene fatto? Meglio pochi, ma buoni, i canali audio. Se poi ci ascoltiamo Mozart o Spielberg importa meno.
Tratto da “Il libro bianco dell’HOME TECHNOLOGY” realizzato dalla redazione di HC Home Comfort & Design