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Il suono in una stanza – Il fronte anteriore

IL FRONTE ANTERIORE, LA COERENZA E LA PRECISIONE l SEGRETI DELLA PERCEZIONE

L’ambiente è di fondamentale importanza e va considerato come “il primo” componente del nostro sistema audio e/o audio/video soprattutto nel dimensionamento del fronte anteriore. Come base di partenza, prendiamo la buona, vecchia, ma sempre valida “stereofonia”, o il “2 canali”, come più impropriamente la si chiama oggi, in epoca di multicanale.

L’ambiente che andrà ad accogliere le casse acustiche è l’elemento della catena di riproduzione (sorgenti, amplificazione, casse) che domina la scelta delle acustiche stesse ed è parimenti importante, anche perché – a differenza degli altri – il meno facilmente “sostituibile”.

Partiamo da una tipologia molto diffusa, quella sotto i 20-25 metri quadri. Per selezionare il modello di acustica per i canali anteriori destro/sinistro (il centrale viene praticamente di conseguenza dopo aver scelto questi due), dobbiamo valutare il lato su cui verrà posizionato il telo di proiezione o lo schermo TV. Considerando la sala, su base puramente statistica, come il tradizionale rettangolo, se le casse frontali dx/sx saranno collocate sul lato corto della stanza, quindi con maggior spazio ai lati, potremo prendere in considerazione, con una certa confidenza, un modello a 2 vie da pavimento, che potrà giovarsi di un po’ di respiro ai lati, e dietro di esso.

Il volume, comunque contenuto, non dovrebbe fornire un eccesso energetico nelle ottave gravi, offrendo lo stesso una tavolozza di basse frequenze sufficienti a dar peso e corpo alle armoniche degli strumenti e delle voci. Se invece ci troviamo sul lato lungo, con meno spazio ai fianchi e in maggiore prossimità della parete di fondo, un modello da piedistallo, o in casi estremi, da staffa o incasso, è più indicato per mantenere un medio/basso comunque efficace ed intelligibile, affidando un ruolo di maggior importanza al subwoofer che, grazie alle sue tipiche regolazioni (frequenza di taglio e livello), può godere di una maggior libertà di posizionamento ed emissione.

Di questa tipologia di acustiche (2 vie da pavimento, da supporto o incasso) ce ne sono in quasi tutti i cataloghi, e sono spesso dall’ottimo rapporto qualità/prezzo, soprattutto quelle provenienti da grandi costruttori di livello mondiale. Al costo dei modelli da scaffale, va aggiunto quello del supporto specifico, di buona e correlabile qualità, mentre per l’eventuale montaggio su staffa a parete, vanno assolutamente evitati quei disegni con condotto reflex posteriore, posizione foriera di cupi, inopportuni “muggiti”.

Circa i modelli “in-wall” (da incasso), la tipologia è assai completa per performances, sofisticazione, prezzi, ma c’è bisogno di un installatore specializzato. Tornando alle casse da piedistallo o scaffale, non intendiamo con questo riferirci a quelle “microacustiche”, talvolta dai natali incerti, vendute assieme a taluni sistemi surround omnicomprensivi di costo troppo basso per essere vero. Questi, nel caso migliore, sono più utili a dar voce a qualche desktop da ufficio, piuttosto che agli impegnativi decibel della colonna sonora di “Avatar” o dell’ultimo concerto dei Queen.

Gli “standmounting” o “bookshelf” sono quella categoria di acustiche che fanno parte di serie comprendenti anche disegni da pavimento, per canali centrali, canali surround, subwoofer – quindi accomunati dalla stessa tecnologia – altoparlanti, finitura, classe di prestazioni, timbrica.

Solo questa classe di prodotto può assicurare all’utilizzatore la qualità tecnico/acustica minima garantita su ciò che spende e sulla “coerenza” dell’emissione in una configurazione multicanale.

Vale a dire che – una volta tarati sull’amplificazione A/V in uso, i tempi di ritardo e i livelli per i vari canali pilotati in funzione della distanza di ciascuno di questi dal punto di ascolto (pratica oggi affidata a software dedicati con procedure automatizzate e precise) – è utile, se non indispensabile, che tutte le acustiche dei vari canali del sistema siano della stessa serie e, possibilmente, della stessa classe (diametro dei medi e tipo di tweeter). In questo modo è garantita un’emissione temporalmente e tonalmente coerente tra tutte le acustiche attive.

E’ quindi decisivo, al momento di scegliere i canali anteriori stereo, vedere se in catalogo è disponibile un modello per il canale centrale espressamente dedicato.

Per ambienti superiori ai 25 metri quadri, si può cominciare a contemplare l’ingresso in scena di modelli multivia da pavimento, con capacità dinamiche e di banda passante più incisive e spettacolari. A seconda della sofisticazione del tipo di “floorstanding” (numero di altoparlanti, diametro dei woofer, complessità del filtro di crossover) si dovranno osservare scrupolosamente due fattori: interfaccia ambiente e pilotaggio.

Rispetto alla cassa a 2 vie da stand o pavimento, il classico, grosso loudspeaker multivia è sicuramente più oneroso da pilotare; è molto probabile, infatti, che esso rappresenti un carico complesso, con un’impedenza reale molto bassa, talvolta anche sotto i 3 ohm (anche se sul depliant c’è puntualmente scritto “8 ohm”) e in regioni energeticamente più ricche, vale a dire sotto i 400 Hertz.

La combinazione di questi fattori concomitanti metterà alla prova la stabilità dell’alimentazione e dei transistor di potenza dell’amplificatore, che dovrà erogare corrente istantaneamente e ripetutamente per sostenere la richiesta che gli giunge dagli altoparlanti. Teniamo conto – poi – che stiamo parlando di un amplificatore multicanale, quindi con la potenziale necessità di dover erogare simile potenza su tutti i canali pilotati (5 o 7). Se stiamo guardando un film d’azione su Blu-ray (prevedibilmente ricco di dinamica ed esteso in frequenza), con ripide e prepotenti richieste di energia, capiamo in un attimo quanto possa essere gravoso il compito affidato all’amplificazione e, di converso, la scelta dello stesso.

Quando leggiamo le specifiche su una guida all’acquisto o su un depliant, facciamo caso a come vengono indicati i valori, sia dell’impedenza delle casse acustiche, che della potenza erogata da un’amplificazione multicanale.

Alcune (grandi) case costruttrici di diffusori acustici, nel dichiarare i dati dei loro modelli, specificano, oltre al valore nominale (di norma 8 ohm), anche il valore minimo e, quelle più scrupolose, anche la frequenza nella quale lo raggiungono. In base a questo dato dobbiamo cercare un ‘amplificazione che ci dica, o ci faccia intendere o intuire, come si comporta davanti a quel carico.

Facciamo un esempio: un tal ampli eroga 100 Watt su 8 ohm, RMS (Root Mean Square = continui), da 20 Hz a 20 kHz (tutta la banda audio udibile) con meno di 0,0XX% di distorsione, su tutti i canali pilotati contemporaneamente (praticamente non avvertiamo suoni Distorti).

Su 4 ohm (idealmente la potenza dovrebbe raddoppiare al dimezzarsi del carico, quindi dovremmo avere il doppio dei Watt rispetto agli 8 ohm) l’energia dovrebbe essere sensibilmente superiore.

Succede invece, più spesso di quello che si possa pensare, che molte case, anche note e apprezzate, dichiarino i dati in modo sottilmente fuorviante anche se non illecito, esaltando i valori migliori, piuttosto che quelli rispondenti agli standard più severi e rigorosi.

Facciamo un esempio: tal altro amplificatore eroga sempre 100 Watt, ma su 6 ohm, anziché 8 (quindi un’ impedenza più bassa), a 1.000Hz (una singola frequenza di riferimento e non l’intera banda audio da 20Hz a 20kHz), con meno di 0,XX% di distorsione (una distorsione dieci volte maggiore), e su i canali anteriori, lasciando intendere che su quelli posteriori sarà ancora inferiore. Inoltre non è acclarato se la potenza dichiarata è con tutti i canali in funzione o meno.

Questo secondo “100 Watt”, comparato sugli stessi parametri del primo amplificatore “100 Watt”, sarà, nella realtà, un 50 Watt su 8 ohm e solo per i canali stereo, senza aver elementi per giudicare attendibilmente l’energia disponibile per il centrale e i surround.

Gli effetti pratici che si possono dedurre da questo esempio possono essere molteplici e simultanei. Questo tipo di amplificazione può faticare a riprodurre le escursioni dinamiche più ripide e ad emettere frequenze basse pulite e profonde; può produrre – in sostanza – più distorsione, quindi fatica d’ascolto. Se poi il tasso di distorsione raggiunge livelli di guardia, l’apparecchio può spegnersi andando in protezione per evitare guai più seri.

Se questo è un rischio che si può correre in ambienti di cubatura relativamente grande, con casse mediamente impegnative, è assolutamente da evitare nel caso di configurazioni più pregiate e sale di grande metratura. In queste è indispensabile l’impiego di modelli da pavimento a più vie di notevole litraggio, quindi, per l’amplificazione, la scelta più opportuna (diciamo, indispensabile) è quella del “doppio telaio”, ovvero un sistema di amplificazione composto da un preamplificatore processore A/V e da uno o più finali di potenza multicanale.

Questa è una scelta, non solo qualitativamente più affidabile e qualificata, ma nel tempo più flessibile. Vediamo come e perché. Con un “pre/processore” avete la possibilità di amministrare meglio i collegamenti (di solito questi sono più versatili dei semplici integrati) e di tenere lontana la delicata e sensibile sezione di decodifica dalla poderosa sezione finale, fonte di disturbo termico ed elettromagnetico. Inoltre, un pre/pro può essere sostituito in qualsiasi momento con uno più avanzato, quando la tecnologia lo suggerirà, senza cambiare la sezione di potenza (tradizionalmente la più costosa), e la timbrica del vostro impianto. Per quanto riguarda la citata sezione di potenza, questa può essere composta da un solo finale, da cinque o sette canali.

Sono da preferire quei finali che, anziché un solo trasformatore che serve più stadi, hanno sezioni di potenza distinte e indipendenti per ogni canale, ciascuna dotata del suo stadio di alimentazione e di filtro.

Un finale di questo tipo assicura che la potenza distribuita per ogni canale del sistema surround sia esattamente uguale per tutti e in ogni situazione. Non solo, se volete accedere a una configurazione più sofisticata, potete utilizzare un finale stereo per i canali destro/ sinistro così da utilizzare al meglio l’impianto anche per sentire musica da CD, aggiungendo un secondo finale da tre canali per quelli rimanenti (centrale/ surround).

È possibile fare anche il contrario, un 3 canali per i frontali e uno stereo per i surround, privilegiando però sempre il fattore “qualità” a quello di “quantità”. Non finisce qui. Nel momento in cui doveste aver bisogno di maggior potenza (o per assurdo ridurla, in caso di cambio di casa dopo una separazione … ), dovete solo sostituire il finale con uno più potente (o meno … ) oppure integrarlo per procedere a una multiamplificazione dei canali frontali, mettendo quello meno potente sugli alti o relegarlo ai soli surround posteriori, conservando la riserva dinamica maggiore per i frontali. Da qui, un sentito suggerimento a chi sta per acquistare un’amplificazione multicanale: comprate la migliore che potete permettervi!

Magari risparmiate su un canale surround, (facendo 5.1 anziché 7.1) o sul lettore, prendendone uno con qualche funzione inutile in meno, però non sottodimensionate l’amplificazione: è un errore che· prima o poi vi pentirete di aver fatto.

Tratto da “Il libro bianco dell’HOME TECHNOLOGY” realizzato dalla redazione di HC Home Comfort & Design

 

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